Per di qua passa l’amore
Era la sera del TE DEUM (sembra così lontana!):
«Vorrei ricordare a me stesso e a voi che l’ultimo dell’anno è buona occasione di rinnovata presa di
coscienza della fragilità della vicenda di questo mondo e spinta a muoverci alla scoperta di una nuova venuta di Cristo nella storia personale di ciascuno, una spinta ad accoglierlo più profondamente nella nostra vita».
Ed è già ora di celebrare la Pasqua, cioè un modo preciso di acquisire coscienza di ciò che siamo, da dove proveniamo e ciò per cui siamo stati fatti, per poter dare a Dio – e a noi stessi – il frutto che la nostra
vita è chiamata a dare per la personale identificazione con Cristo e lo spendersi per la salvezza degli altri.
In parole più immediate sarà l’offrire a Dio il nostro lavoro fatto bene, un gesto di comprensione, di perdono, un atto di fortezza di fronte a una difficoltà, un atto di umiltà per tornare o accrescere la dimensione di servizio, una scelta di sobrietà… Tutto con amore e per amore, secondo lo stile di Gesù, il Vivente tra i morti! Si tratta di portare nel mondo i germogli della Pasqua che ci è nuovamente donata.
Quali germogli? Siamo immersi in un processo di allontanamento sempre più massiccio e accelerato
dalla vita di Chiesa. Se lo si vuole contrastare, servono concretezza e credibilità.
La liturgia ci sollecita a passare dal grigiore della cenere alla colorata luce di Pasqua, di Gesù Risorto. Ricordiamo
che la vita in Cristo è esperienza personalissima, ma non è solitaria, sempre è condivisa. Lo stare insieme
sulla strada di Gesù ci porti a comprendere meglio la volontà di Dio e la nostra missione al suo servizio.
In questo messaggio pasquale desidero considerare particolarmente due elementi: l’avviato lavoro di ascolto del Consiglio Pastorale e la celebrazione della Veglia Pasquale. Concludendo l’anno, dicevo nell’omelia: «L’anno che verrà, per l’Unità Pastorale sarà un anno importante nella comprensione di sé,di noi. Stiamo avviando con il CUP un impegnativo lavoro di conoscenza dei diversi settori operativi
della comunità. Sarà poi la volta di creare un miglior collegamento tra gruppi e collaboratori sulla stessa
area. La prospettiva un poco più in là sarà di favorire formazione, coordinamento, proposte pastorali sempre più efficaci, sempre più di unità. E tutto questo per dare nuovo impulso all’UP come strumento opportuno a far crescere la gioia di essere cristiani e la preziosa missione di testimoniare il Vangelo di Gesù Cristo anche nel nostro quartiere». Faremo grandi cose? Insieme ci proveremo! Di certo tutti siamo chiamati a far parte di questo percorso. In altro contesto S. Josemaria Escrivà aff ermava: «Mi potrai dire: e perché dovrei sforzarmi? Non ti rispondo io, ma san Paolo: L’amore del Cristo ci spinge (2 Cor 5, 14). L’intero spazio di un’esistenza è poco per dilatare le frontiere della tua carità». E allora bisogna darsi da fare, «occorre passione per Dio e per la sua famiglia, la Chiesa che Gesù ci ha affi dato sotto la croce» (card. Zuppi). Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Anche per gli Israeliti circa 3200 anni or sono ci fu di mezzo un mare… E fu attraversato! E ancora raccontiamo quella storia perché esemplare e performativa di altre storie. Nella nostra minima realtà di Unità Pastorale, in questi giorni, tra il dire e il fare mettiamo di mezzo la Veglia Pasquale. Ci aiuterà ad attraversare? Penso proprio di sì. È la celebrazione del mistero di Cristo: attorno a Lui e non ad altro, viviamo il cammino di vita personale e condivisa. Sono importanti le attività comuni (a volte con fatica e inciampi, tuttavia non demorderemo), ma la celebrazione di una sola Veglia Pasquale ci offre e ci sollecita a un’esperienza di fede più condivisa che fonda la comunità sulla roccia.
Fin dall’inizio della Quaresima sono risuonate dueespressioni: «Ecco ora il momento favorevole» (2Cor 6,2) e «Per un più di vita». Recentemente mi si è affacciata una parola, del tutto a me sconosciuta:
«cronosofia». Qualche debole rimasuglio del liceo ha permesso di ricostruire la facile etimologia. Ma sono capace, siamo capaci di costruire una saggezza del tempo commisurata all’attualità? Nelle nostre vite necessariamente navighiamo tra nostalgia del passato, dipendenza dal presente e speranza per il domani. Cosa mi può insegnare la Pasqua di risurrezione in ordine al mio (e forse anche vostro) avere sempre fretta, con la sensazione e il relativo lamento di non avere tempo? Tante, troppe volte ci manca il tempo, accentuando la sensazione di essere incapaci, inadempienti e
perdenti riguardo alle richieste e necessità personali e comunitarie. Un grande del secolo scorso, don Primo Mazzolari pregava: «Tu ci salvi lasciandoci perdere: tu ci ritrovi lungo ogni smarrimento perché su ogni strada c’è l’indefettibile segno del tuo sangue…per di qua passa l’amore». Questo è il tempo di qualità! «… per di qua passa l’amore»: e io che faccio? e noi? Sia per tutti una buona santa Pasqua, ricca di umanità e di speranza. DON AGOSTINO