P. Giacomo Pifferetti (Piffero)

P. Giacomo Pifferetti (Piffero)

PIFFERETTI Giovanni Battista, detto Giacomo e “Piffero”
Lovere, 11 ottobre 1908 – Milano, 14 marzo 1980

Cugino di don Vender, condivide con lui l’irruenza del carattere, lo zelo sacerdotale e la generosità del cuore. E’ ordinato sacerdote nel 1931 e nel 1933 entra fra i Padri della Pace. Si immedesima nelle varie attività e, pur schivo di assumersi impegni di primo piano, non c’è settore nel
quale manchi la sua presenza attenta e partecipe, privilegiando il dialogo personale, l’assiduità al confessionale, l’insegnamento religioso.

Allo scoppio della guerra nel giugno del 1940, si offre come cappellano militare nel 77° Fanteria Lupi di Toscana prima sul fronte occidentale e poi dall’1 gennaio 1941 in Albania, meritando la Croce al valore militare, ma cadendo presto prigioniero.

In verità, va spontaneamente  incontro ai Greci che lo catturarono, per non voler abbandonare i suoi soldati che, senza di lui sarebbero rimasti privi di assistenza spirituale. In Grecia, a Creta, in Egitto e poi in India è sempre al fianco dei suoi assistiti.

Testimonianza di questa ultima esperienza è un giornale manoscritto, Faville, che egli scrisse tra il 1941 e il 1942  per sostenere i soldati nella loro vita quotidiana di prigionieri, corredato sempre da disegni, graficamente interessanti e spesso anche molto ironici. Egli stesso afferma nel primo articolo: «Per questo il nostro giornale l’abbiamo battezzato col nome caldo e luminoso di “Faville”: darà fuoco e calore di fede e di amore, darà sprizzi di risa e sprazzi di luce. Le faville partono dal ferro arroventato e battuto dal maglio: l’animo nostro è ferro rovente, il maglio c’è e c’è chi lo batte…».

Tornato dopo cinque anni alla Pace, si dedica nuovamente all’attività oratoriana e di insegnamento anche nel Collegio degli Orfani di
guerra del quale diventa cappellano dal 1951.

Negli Anni 60, la contestazione che investe anche la Pace lo sconcerta così tanto da convincerlo a ritirarsi a vita quasi eremitica nella chiesa di San Giacomo al Mella, dove alla preghiera intensa accompagna un’instancabile carità. Dal 1969 dedica tutti i suoi sforzi soprattutto agli spastici. Crea il periodico “Il cuore degli spastici” diventato poi “Il volto degli Spastici”, la biblioteca, la Cooperativa “‘Scuola di mestieri per spastici e miodistrofici” che più tardi viene a lui dedicata. E’ un sostenitore entusiasta di molte iniziative di bene. Sulla tessera Aido scrive: “Prendete: questo è il corpo che ho ricevuto anche per voi”.
Superata una difficilissima operazione, muore mentre sta leggendo il Breviario. Alla sua memoria viene dedicato il Premio Bulloni del 1980; nel marzo 1986 viene eretta a Brescia, nella “Scuola Nikolajewka”, una stele in ricordo.

Fu spesso presente nelle nostre parrocchie, in particolare a S.Antonio e S.Giacomo dove la domenica mattina si vedeva arrivare sempre col suo “motom” nero per amministrare il Sacramento della Riconciliazione. Dall’India, tornando con i suoi soldati alla fine della guerra, recò prima nella chiesa di Costa Volpino e poi nella chiesa di S. Giacomo al Mella un quadro detto della “Madonna del buon ritorno”  trovato e venerato dagli stessi soldati durante la prigionia. Al momento il quadro non e’ piu’ visibile e non si sa dove sia finito.

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